Gli corse incontro, lo baciò e lo strinse forte a sé

In questo cammino di Quaresima viviamo la giornata della gioia di Dio, della gioia della sua misericordia, del suo abbraccio che salva, solleva, ridà vita. Il Vangelo ci dona una delle perle più belle tra le parole di Gesù: la parabola del padre misericordioso, dei due figli: di chi si allontana da lui, di chi ha bisogno di scoprire e sperimentare il vero amore del padre, pur vivendo sempre accanto a lui. C'è una frase della Bibbia che dice: “Avete abbandonato il Signore fonte di acqua viva e vi siete abbeverati a cisterne screpolate”. Ancora: “Guardati dall'abbandonare il Signore tuo Dio”. “Mio bene è stare vicino a Dio, ch si allontana da Lui, perisce”. Ci può essere l'illusione che senza Dio si vive bene lo stesso, anzi qualcuno pensa che si è più felici, perché puoi fare quello che ti pare, quello che vuoi, ti senti libero... ti sembra di essere libero, ma non ti accorgi che finisci per diventare schiavo di tante cose o perlomeno condizionato dalle varie realtà terrene nelle quali ci troviamo a vivere. E'il clima di secolarizzazione, in cui ci troviamo a vivere, il clima dell'indifferenza religiosa o di un ateismo pratico o della religione come pensiero a Dio in qualche momento soltanto della propria esistenza. E' quello che mi viene da pensare quando il figlio prodigo se ne va di casa...

Gesù pronuncia questa parabola, così profonda e così toccante, in un contesto di discussione con gli scribi e farisei, i quali vedendo che si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e peccatori per ascoltarlo, lo criticano dicendo: “accoglie i peccatori e mangia con loro”. Questo non era comprensibile alla loro mente puritana e discriminatrice. In questa discussione con gli scribi farisei, per aiutarli a riflettere e a prendere coscienza che essi per primi hanno bisogno di un rapporto vero con il Signore, Gesù pronuncia una parabola dove fa capire com'è Dio, com'è il cuore di Dio, come Dio ama, attende, abbraccia, perdona e salva. Perché questo rapporto con i peccatori? Perché mentre il peccatore si allontana e si rovina lontano da Dio, il Signore sempre attende e quando questo figlio si decide, perché costretto dalla fame, dalla miseria, dalla schiavitù, a tornare verso la casa del padre, il padre gli corre incontro. Possiamo anche riprendere i verbi con i quali la parabola descrive I sentimenti e le azioni del padre; cinque verbi: lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, si gettò al collo e lo baciò. Non lascia neanche che il figlio finisca quel discorso che si era preparato, quella confessione con la quale implora un pezzo di pane come uno dei servi. Il padre si rivolge ai suoi servi, indica anche a loro cinque azioni particolari: portate il vestito più bello, mettetegli l'anello al dito, prendete il vitello grasso, mangiamo e facciamo festa. Dice il testo: “E cominciarono a fare festa”.

Con queste parole, il vescovo Erio Castellucci, ha voluto intitolare uno dei suoi libri a commento del Vangelo di Luca. Ha preso questa espressione che troviamo proprio quasi al centro di questo vangelo. Questa è la misericordia con la quale il Signore accoglie i suoi figli, quando tornano a lui, quando sono peccatori, quando hanno bisogno di perdono e di pace vera. Per questo i peccatori si avvicinano a lui per ascoltarlo. Perché ha le parole vere, le parole della tenerezza, della misericordia, del perdono, le parole di una vita nuova. E gli scribi e farisei? Il figlio maggiore quando sente la musica e le danze, quando viene a sapere che il padre ha fatto festa per il fratello più giovane che è tornato, non vuole entrare. Egli si sente il figlio buono, obbediente; non riesce a comprendere il comportamento del padre, ha un giudizio preciso e severo sul fratello. Non vuole entrare in quella festa. E anche verso di lui esce il padre per parlargli, per convincerlo, per aprirgli il cuore ad un atteggiamento nuovo verso il padre, che deve considerare padre e non padrone, e un atteggiamento nuovo verso il fratello, il quale per fortuna è tornato, non si è rovinato per sempre ma può ricostruire la sua vita, in maniera nuova, se riesci a percepire esperimentare la grandezza del cuore di Dio e la sua misericordia, che dà luce e forza per una vita piena, dignitosa, felice del bene.

Nella parabola non si dice come si conclude questa storia. Credo per due motivi: perché Dio lascia sempre la libertà di entrare nel suo amore o di rimanere nei propri atteggiamenti. Secondo: perché la parabola sta a noi viverla... Noi come la facciamo concludere? Ci lasciamo perdonare e abbracciare, riconciliare dal cuore del padre? Riusciamo a vivere una vera fraternità, un'accoglienza sincera e felice, entrando nella festa “del figlio che era perduto ed è stato ritrovato, che era morto ed è tornato in vita?” Che fatica sentire e vivere l'amore di Dio! Uno torna perché ha fame, l'altro lo serve, non lo ama. È il momento anche per noi di contemplare, accogliere, sentire vicino Dio così com'è, come Gesù ce lo ha rivelato e ce lo fa conoscere, come lo Spirito ci chiama a sperimentare il suo amore e ad amarlo con umiltà e molta gioia. Vorrei portare nel cuore e nella vita queste parole di autentico Vangelo: “E gli corse incontro e lo baciò e lo strinse forte a sé”. Questo il Signore lo fa con tutti, questo il Signore lo ha fatto e lo fa con me.

 

 

Domenica 27 marzo 2022